Un grave episodio di violenza ha scosso Milano nella mattinata di sabato 10 maggio. A pochi passi dalla Stazione Centrale, nei pressi di un hotel, un uomo di 51 anni è stato brutalmente accoltellato da un’altra persona, che si è poi data alla fuga. La vittima, raggiunta da diversi fendenti in varie parti del corpo, è stata soccorsa tempestivamente e trasportata d’urgenza all’ospedale Niguarda, dove è attualmente ricoverata in codice rosso nel reparto di terapia intensiva. Le sue condizioni sono molto gravi e i medici continuano a monitorarle con la massima attenzione.
L’aggressione è avvenuta attorno alle ore 6:30 del mattino, in una zona frequentata da residenti e turisti, a pochi metri da uno degli snodi più importanti della città. L’uomo ferito è un cittadino italiano di origini egiziane, noto per il suo lavoro come barista in una struttura ricettiva della zona. Dopo l’accoltellamento, il responsabile si è dileguato rapidamente, facendo perdere le proprie tracce. Da quel momento è partita una vera e propria caccia all’uomo da parte delle forze dell’ordine, che stanno setacciando l’intera area urbana e monitorando i possibili spostamenti dell’aggressore.
Le indagini hanno subito rivelato dettagli inquietanti. Il sospettato è stato identificato come Emanuele De Maria, 35 anni, anche lui impiegato nello stesso hotel della vittima. I due, infatti, erano colleghi. De Maria, tuttavia, non è una persona qualsiasi: si trovava fuori dal carcere di Bollate con un permesso lavorativo, mentre stava scontando una condanna a 15 anni per omicidio. Nel 2016, De Maria aveva infatti ucciso a coltellate una giovane donna di nome Oumaima Racheb, di soli 23 anni, all’interno di un hotel a Castel Volturno. Dopo il crimine, si era dato alla fuga ed era stato arrestato soltanto due anni più tardi.
Il fatto che De Maria fosse temporaneamente libero e abbia presumibilmente colpito di nuovo ha sollevato numerose polemiche sul sistema di concessione dei permessi carcerari. Al momento, le autorità stanno seguendo diverse piste per comprendere il movente dell’aggressione. Non si esclude alcuna ipotesi: dalla lite improvvisa fino a tensioni lavorative pregresse, oppure motivazioni di natura personale.
Un ulteriore elemento che complica il quadro della vicenda è la scomparsa di una terza persona. Si tratta di Arachchilage Dona Chamila Wijesuriyauna, una donna di 51 anni di origini cingalesi, anch’ella dipendente dello stesso hotel e collega dei due uomini coinvolti. La donna è sparita nel nulla proprio nelle ore successive all’aggressione, e gli inquirenti stanno valutando l’ipotesi che possa essere collegata in qualche modo a De Maria. La sua residenza si trova a Cinisello Balsamo, ma al momento risulta irreperibile. Le forze dell’ordine stanno cercando di localizzare i telefoni cellulari sia dell’aggressore sia della donna, nel tentativo di tracciare i loro movimenti più recenti.
Per facilitare l’identificazione e la cattura del fuggitivo, è stato diffuso anche un identikit dettagliato: Emanuele De Maria è alto 173 centimetri, ha occhi neri e capelli corti. Un elemento distintivo importante è rappresentato da un tatuaggio, una frase in latino, impressa su entrambe le braccia. Gli investigatori hanno invitato chiunque possa averlo visto a contattare immediatamente le autorità, sottolineando che si tratta di una persona considerata pericolosa.
Intanto, a Milano cresce la preoccupazione per la sicurezza cittadina. L’episodio ha riaperto il dibattito sulla gestione dei detenuti in regime di semilibertà e sull’adeguatezza delle misure di controllo. In molti si chiedono come sia stato possibile che un uomo con un simile passato potesse circolare liberamente e lavorare in un luogo aperto al pubblico. Le risposte a queste domande saranno cruciali per evitare che simili tragedie possano ripetersi in futuro.
Nel frattempo, la città si stringe attorno alla vittima, un uomo apprezzato nel suo ambiente lavorativo, conosciuto per il suo spirito tranquillo e laborioso. Mentre i medici fanno tutto il possibile per salvarlo, le autorità proseguono con le indagini, nella speranza di risolvere rapidamente un caso che ha scosso l’intera comunità milanese.