Durante la puntata del 27 marzo di Dritto e Rovescio, Paolo Del Debbio ha deciso di rispondere senza mezzi termini alle critiche rivoltegli da due giornalisti italiani di spicco: Luca Bottura e Massimo Giannini. Il conduttore e docente universitario ha aperto il programma affrontando direttamente la polemica nata a seguito del caso che ha coinvolto Romano Prodi e la giornalista Lavinia Orefice, trasmesso proprio su Rete 4.
Luca Bottura e Massimo Giannini avevano definito il servizio mandato in onda come un esempio di “retequattrismo”, termine usato con tono ironico e dispregiativo per indicare una tipologia di informazione sensazionalistica e populista, che secondo loro caratterizzerebbe alcune trasmissioni della rete, tra cui quella di Del Debbio.
Il conduttore non si è fatto attendere e, con il suo stile diretto e senza filtri, ha replicato subito:
“Volevo dire a Luca Bottura, che ha scritto ‘il retequattrismo’, di andare a dirlo a sua sorella. Non esiste il retequattrismo. Se pensa che sia qualcosa di sbagliato, se lo tenga per sé, perché a nessuno importa niente di quello che pensa Luca Bottura”.
Ma non è finita qui. Del Debbio ha proseguito il suo attacco, prendendosela anche con Massimo Giannini, che nei giorni precedenti aveva parlato di “sicari dell’informazione” riferendosi a certi stili giornalistici. Con tono sarcastico e polemico, il conduttore ha commentato:
“Quell’altro piccolo genio di Massimo Giannini dice: ‘È ora di rispondere a questo giornalismo’, come se fosse Letterman. Ma andate a fare in c*lo”.
Non si è trattato solo di una risposta stizzita, ma di una vera e propria difesa del proprio modo di fare televisione. Del Debbio ha voluto approfondire il significato che alcuni danno alla parola “retequattrismo”, usata da tempo per ridicolizzare o sminuire uno stile giornalistico che lui invece rivendica con orgoglio. Già in un’intervista precedente, infatti, aveva chiarito:
“Il retequattrismo? Non so cosa sia. Io faccio il mio mestiere. Non ho mai avuto la tessera di un partito, non faccio parte di nessuna associazione o gruppo. Lo Sturmtruppen non mi piace”.
Per Del Debbio, ciò che viene bollato con superficialità come “retequattrismo” non è altro che un modo di fare giornalismo vicino alla gente, concreto, popolare, che dà voce alle preoccupazioni quotidiane delle persone comuni.
“Si usa il termine retequattrismo come se fosse un insulto, un marchio d’infamia. Ma per me è una medaglia. È una televisione che non ha vergogna di essere popolare, che parla al cuore – e perché no, anche alla pancia – del suo pubblico”, ha dichiarato con fierezza.
Nel corso della trasmissione, Del Debbio ha anche citato altri nomi noti della televisione italiana che, secondo lui, incarnano questo approccio diretto e popolare all’informazione: Nicola Porro, Daniele Capezzone, Sabrina Scampini, Francesca Barra, Alessandra Viero, Mario Giordano, Giuseppe Cruciani, Barbara Palombelli e persino Bianca Berlinguer. Tutti volti che, nel panorama televisivo italiano, si sono distinti per uno stile comunicativo chiaro, senza filtri, capace di arrivare a un pubblico vasto.
Secondo Del Debbio, la vera distanza non è tra giornalismo “colto” e “popolare”, ma tra chi ascolta davvero i problemi del Paese e chi, invece, si chiude in una bolla elitaria, lontana dalla realtà.
“Quelli che parlano di retequattrismo lo fanno con tono altezzoso, quasi snob. Ma noi portiamo la voce di chi spesso non ha spazio altrove. Questa non è una colpa, ma un valore”.
Con la sua consueta verve e un linguaggio schietto, Paolo Del Debbio ha così ribadito con forza la propria identità televisiva, rifiutando ogni tentativo di etichettarlo con categorie sminuenti. Per lui, la critica intellettuale che guarda con disprezzo a un certo tipo di tv rischia di perdere il contatto con la realtà e con le persone.
In un panorama mediatico sempre più frammentato e polarizzato, la sua posizione – che piaccia o meno – continua a far discutere e a dividere. Ma proprio per questo, Del Debbio resta uno dei volti più riconoscibili e controversi del giornalismo televisivo italiano.