Moses Omogo Chidiebere scarcerato: il caso del rapimento della neonata a Cosenza
Su ordine del giudice per le indagini preliminari (gip), Moses Omogo Chidiebere, accusato insieme alla moglie Rosa Vespa di aver rapito una neonata dall’ospedale “Sacro Cuore” di Cosenza, è stato scarcerato. L’episodio ha sollevato grande clamore, e la vicenda continua a destare attenzione mentre le indagini proseguono per chiarire ogni dettaglio.
La vicenda del rapimento
Il rapimento della piccola Sofia, avvenuto presso l’ospedale di Cosenza, ha sconvolto l’intera comunità. La neonata, portata via dalla clinica, è stata ritrovata poco dopo grazie all’intervento tempestivo della polizia. Rosa Vespa, 51 anni, e il marito Moses Omogo Chidiebere, 43 anni di origini senegalesi, sono stati immediatamente fermati e accusati di sequestro di persona.
Gli interrogatori della coppia si sono svolti presso il carcere di Cosenza, dove entrambi hanno avuto modo di fornire la propria versione dei fatti. Tuttavia, è stato durante queste audizioni che sono emersi dettagli cruciali che hanno portato alla scarcerazione di Moses.
La decisione del gip: Moses scarcerato
Il gip ha deciso di rilasciare Moses Omogo Chidiebere dopo l’interrogatorio di garanzia, ritenendo che non vi fossero prove sufficienti per mantenerlo in custodia. Secondo quanto dichiarato dal suo avvocato difensore, Gianluca Garritano, Moses era convinto che la moglie fosse realmente incinta.
“Il mio assistito è stato creduto completamente”, ha spiegato l’avvocato. “Moses aveva visto Rosa con un pancione che sembrava autentico e credeva nella sua gravidanza. Esistono anche foto che lo ritraggono mentre bacia la pancia della moglie. Inoltre, Rosa gli aveva mostrato una falsa lettera di dimissioni dall’ospedale, che sembrava confermare la nascita della bambina.”
Questi elementi sono stati fondamentali per dimostrare la buona fede di Moses, portando alla sua scarcerazione. Tuttavia, il giudice ha deciso di mantenere Rosa Vespa in carcere.
Rosa Vespa rimane in custodia
Diversa la situazione per Rosa Vespa, che durante l’interrogatorio ha ammesso di essere l’unica responsabile del rapimento. La donna ha dichiarato di aver agito da sola, senza coinvolgere il marito o altre persone. Durante le sue dichiarazioni, Rosa si è lasciata andare a momenti di forte emozione, alternando lacrime e commozione, ma non è riuscita a spiegare il motivo del suo gesto.
Le indagini della polizia stanno ora cercando di ricostruire l’intera vicenda e di comprendere cosa abbia spinto Rosa a compiere un atto così drammatico. Gli inquirenti stanno anche esaminando se ci siano stati segnali di disagio psicologico o altre situazioni che possano aver contribuito a questa tragica decisione.
L’impatto sulla comunità
La notizia del rapimento ha suscitato profonda preoccupazione nella comunità locale. La piccola Sofia, fortunatamente, è stata ritrovata illesa, ma il caso ha evidenziato l’importanza di vigilare sulla sicurezza nelle strutture sanitarie.
L’opinione pubblica si è divisa: da una parte, c’è chi prova compassione per Rosa Vespa, vedendola come una donna in difficoltà; dall’altra, molti condannano fermamente il suo gesto, sottolineando il trauma subito dalla famiglia della neonata.
Per Moses, invece, la scarcerazione rappresenta un sollievo, anche se l’uomo dovrà convivere con l’ombra di un’accusa così grave. La sua completa estraneità ai fatti, secondo la difesa, è ormai evidente, ma il processo sarà decisivo per chiudere definitivamente il caso.
Il proseguimento delle indagini
Le autorità stanno continuando a lavorare per raccogliere tutte le prove necessarie a chiarire i dettagli della vicenda. Saranno fondamentali gli esiti delle perizie psicologiche su Rosa Vespa, che potrebbero offrire una spiegazione più chiara delle sue motivazioni.
Nel frattempo, la famiglia della piccola Sofia ha espresso gratitudine per il lavoro delle forze dell’ordine e spera che la giustizia faccia il suo corso. Rimane il dramma di una vicenda che, seppur conclusasi senza gravi conseguenze fisiche per la neonata, ha lasciato segni indelebili nei cuori di chi è stato coinvolto.