Caso Almasri: la Giunta blocca il processo ai ministri, esplode lo scontro politico in Italia

Nessun processo per i ministri: il caso Almasri accende lo scontro politico

La Giunta per le Autorizzazioni della Camera ha messo un punto fermo, almeno per ora, sulla vicenda che ha scosso la politica italiana negli ultimi mesi: la richiesta della magistratura di procedere nei confronti di tre membri di governo – il sottosegretario Alfredo Mantovano, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi – è stata respinta. Una decisione che si inserisce nel quadro del cosiddetto “caso Almasri”, un intricato intreccio tra politica interna, relazioni con la Libia e questioni giudiziarie di portata internazionale.

Il contesto: chi è Almasri e cosa è accaduto

Osama Najim Almasri era un ufficiale libico della polizia giudiziaria, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità. Arrestato a Torino nel gennaio scorso, è stato rimpatriato in Libia soltanto due giorni dopo, in circostanze che hanno sollevato forti dubbi e polemiche. La rapidità del rimpatrio, avvenuto nonostante le accuse gravissime, ha portato la magistratura ad aprire un fascicolo e a chiedere di verificare le responsabilità politiche e istituzionali nella gestione del caso.

In Italia, l’episodio ha immediatamente alimentato un acceso dibattito: da un lato, chi sostiene che l’esecutivo abbia agito per tutelare gli interessi nazionali e la sicurezza; dall’altro, chi accusa il governo di aver compromesso i principi dello Stato di diritto, cedendo a pressioni esterne e ignorando le norme sulla protezione dei diritti umani.

La decisione della Giunta e il voto spaccato

La Giunta per le Autorizzazioni, organo parlamentare incaricato di decidere se concedere l’autorizzazione a procedere contro i membri del governo, ha votato contro la relazione del deputato del Partito Democratico Federico Gianassi, che proponeva di permettere ai magistrati di portare avanti il processo. La maggioranza di centrodestra ha respinto la richiesta, con tredici voti contrari e sei favorevoli. Un esito che si è ripetuto in tutti e tre i voti distinti relativi ai ministri coinvolti.

Il presidente della Giunta, Devis Dori, ha quindi annunciato la nomina di Pietro Pittalis, deputato di Forza Italia, come nuovo relatore. Sarà lui a presentare all’Aula di Montecitorio, il prossimo 9 ottobre, una relazione contraria al via libera giudiziario. Parallelamente, arriverà in Aula anche una relazione di minoranza firmata da Gianassi, a testimonianza di un Parlamento spaccato e di un’opposizione decisa a non lasciare cadere la questione.

La coincidenza libica e le reazioni politiche

Mentre a Roma si discuteva di autorizzazioni e responsabilità, in Libia la vicenda ha avuto un risvolto inaspettato: lo stesso Almasri sarebbe stato rimosso dal suo incarico dal maggiore generale Abdel Fattah Deboub, che ha nominato Suleiman Ajaj come suo successore. La notizia, riportata dal portale Almasdar Media, è giunta a poche settimane dalla diffusione di un video che mostrerebbe l’ex ufficiale mentre aggrediva un uomo in strada, tra l’indifferenza dei passanti.

Le opposizioni in Italia hanno colto questa coincidenza come un segnale emblematico. Il Partito Democratico, in particolare, ha chiesto chiarimenti urgenti a Palazzo Chigi, sollevando interrogativi sulla reale tutela degli interessi nazionali e sulla sicurezza dei cittadini italiani in Libia. Per il centrosinistra, il fatto che lo stesso giorno in cui la maggioranza italiana ha chiuso la porta al processo, in Libia l’uomo al centro della vicenda sia stato destituito per condotte gravissime, rappresenta un paradosso che mina la credibilità dell’esecutivo.

Il dibattito sulla credibilità dell’esecutivo

Il caso Almasri non è soltanto una questione giudiziaria: è diventato un banco di prova per la coerenza e l’affidabilità del governo. Da una parte, l’esecutivo rivendica la necessità di gestire con fermezza i rapporti con un Paese cruciale come la Libia, strategico per la sicurezza e i flussi migratori. Dall’altra, l’opposizione denuncia un cortocircuito politico-giuridico che mette in discussione il rispetto delle norme e dei valori democratici.

Il rischio, sottolineano diversi osservatori, è che la vicenda finisca per indebolire la posizione italiana sia sul piano interno che su quello internazionale. Internamente, perché mostra un Parlamento diviso e un’opposizione pronta a sfruttare ogni passo falso; esternamente, perché invia un segnale ambiguo agli alleati europei e internazionali, proprio in un momento in cui il rispetto dello Stato di diritto è al centro del dibattito globale.

Prossime tappe

L’appuntamento è fissato per il 9 ottobre, quando l’Aula della Camera sarà chiamata a esprimersi sulle due relazioni, quella di maggioranza e quella di minoranza. Un passaggio che si preannuncia carico di tensione politica e mediatica. Perché il caso Almasri, al di là degli aspetti tecnici, è ormai diventato un simbolo: un terreno di scontro tra visioni diverse dello Stato, della giustizia e delle relazioni internazionali.

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