Guerra in Ucraina: attacchi a lungo raggio, missili Tomahawk e unità europea in bilico

Guerra in Ucraina: tra attacchi a lungo raggio, missili Tomahawk e fragilità europea

La guerra in Ucraina continua a rappresentare uno dei principali nodi di tensione geopolitica mondiale. Le dichiarazioni provenienti da Washington, unite alle richieste avanzate da Kiev, hanno alimentato un nuovo dibattito internazionale. L’inviato speciale statunitense Keith Kellogg ha spiegato che il presidente Donald Trump considera legittimo per l’Ucraina colpire in profondità il territorio russo. Secondo Kellogg, non esistono “santuari” sicuri che Mosca possa ritenere intoccabili. Una presa di posizione che apre scenari di ulteriore escalation, soprattutto alla luce delle richieste di Kiev di ricevere missili Tomahawk a lungo raggio.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel frattempo, ha ribadito l’importanza di mantenere unita l’Europa di fronte all’aggressione russa. Ha richiamato l’attenzione sulla recente intrusione nello spazio aereo polacco di ben 92 droni russi, un episodio che, a suo avviso, avrebbe potuto essere evitato con un coordinamento più efficace tra i Paesi sostenitori di Kiev. Zelensky ha sottolineato che senza un’azione internazionale coesa il rischio è quello di assistere a nuove violazioni, con conseguenze imprevedibili non solo per l’Ucraina ma per l’intero continente europeo.

Dall’altra parte, il Cremlino si mostra intransigente. Dmitrij Peskov, portavoce della presidenza russa, ha dichiarato che non vi sono segnali concreti da parte ucraina circa una possibile ripresa dei negoziati. Secondo Mosca, era stata proposta la creazione di gruppi di lavoro tematici – politici, umanitari e militari – da svolgersi in modalità online. Tuttavia, queste aperture non hanno trovato riscontro né da parte di Kiev né degli Stati Uniti. L’impressione, secondo osservatori internazionali, è che entrambe le parti siano ancora lontane da un terreno comune che possa portare a una tregua.

Anche la questione delle forniture militari resta un tema centrale. La scorsa settimana, Zelensky aveva avanzato direttamente a Trump la richiesta di forniture di missili da crociera Tomahawk, capaci di colpire a grande distanza obiettivi strategici russi. La risposta di Kellogg, in un’intervista a Fox News, ha lasciato intendere che la Casa Bianca non si opporrebbe a questo tipo di utilizzo. “Non ci sono punti sicuri – ha dichiarato – bisogna usare la capacità di colpire in profondità”. Parole che fanno eco a un approccio strategico aggressivo, volto a dimostrare che la Russia non può sentirsi al riparo entro i propri confini.

Il Cremlino, tuttavia, minimizza l’impatto che eventuali nuove armi occidentali potrebbero avere sul conflitto. Peskov ha ribadito che non esistono soluzioni miracolose in grado di cambiare l’andamento della guerra. Né i Tomahawk né altri sistemi missilistici, secondo la posizione ufficiale di Mosca, sarebbero sufficienti a modificare radicalmente la situazione sul campo di battaglia. Una dichiarazione che, pur apparendo come un segnale di forza, nasconde la preoccupazione per un possibile incremento delle capacità militari ucraine.

Sul fronte politico europeo, il premier polacco Donald Tusk ha sottolineato che la guerra in Ucraina non riguarda solo Kiev, ma rappresenta una sfida globale che richiede un impegno unitario da parte dell’Occidente. Tusk ha richiamato i Paesi europei alla responsabilità di mantenere la coesione, evitando fratture interne che potrebbero indebolire la risposta comune all’aggressione russa. Parole condivise anche da diversi leader europei, che vedono nella compattezza dell’Unione una condizione essenziale per sostenere a lungo termine lo sforzo bellico ucraino.

Dall’altro lato, esponenti russi come Dmitry Medvedev hanno lanciato avvertimenti pesanti. L’ex presidente e oggi vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo ha parlato dei rischi concreti di un conflitto europeo su vasta scala. Medvedev ha messo in evidenza la fragilità dell’Unione europea, definita vulnerabile e frammentata, non in grado di reggere un conflitto prolungato con Mosca. Una narrazione che mira a scoraggiare l’Europa dal proseguire nel suo sostegno a Kiev, puntando a incrinare la determinazione dei governi occidentali.

La posizione americana, confermata anche dal vicepresidente JD Vance, rimane ferma: Mosca continua a rifiutare i colloqui di pace bilaterali e trilaterali proposti da Washington. Questo irrigidimento diplomático conferma che il conflitto resta bloccato in una spirale di accuse reciproche, senza prospettive immediate di negoziato. In tale contesto, ogni nuova dichiarazione, sia da parte di Washington che da parte di Mosca, diventa un tassello in più di un mosaico complesso e potenzialmente esplosivo.

La guerra, dunque, non mostra segni di rallentamento. L’Ucraina insiste sulla necessità di potenziare le proprie capacità militari, mentre la Russia ribadisce di essere pronta a rispondere a qualsiasi escalation. L’Europa, pur nella sua fragilità politica, si trova costretta a mantenere una linea comune, pena la perdita di credibilità internazionale. La sensazione è che il conflitto si stia sempre più trasformando in una prova di forza non solo tra Russia e Ucraina, ma tra Mosca e l’intero blocco occidentale, con conseguenze che rischiano di ridisegnare gli equilibri globali per gli anni a venire.

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