Baby Gang arrestato a Milano: l’inchiesta su armi e droga che scuote la trap italiana

Baby Gang arrestato a Milano: l’indagine su armi e droga che scuote la scena trap italiana

Il nome di Baby Gang, pseudonimo del giovane trapper Zaccaria Mouhib, torna nuovamente al centro delle cronache giudiziarie. L’artista, già noto non soltanto per la sua musica ma anche per i suoi trascorsi con la giustizia, è stato arrestato a Milano nell’ambito di una vasta inchiesta coordinata dalla Procura di Lecco. L’indagine riguarda il possesso e il traffico illecito di armi da fuoco, con possibili collegamenti anche allo spaccio di sostanze stupefacenti.

La vicenda, che ha fatto rapidamente il giro dei media, non coinvolge soltanto il cantante ma si inserisce in un contesto più ampio che vede implicati altri soggetti legati a un gruppo familiare di origine macedone residente in Valsassina. Le autorità, nel corso di perquisizioni mirate, hanno sequestrato diverse armi da fuoco, portando alla luce un intreccio pericoloso tra musica urbana e criminalità organizzata.

L’arresto a Milano e il sequestro delle armi

Secondo quanto emerso, Baby Gang sarebbe stato fermato in una stanza d’albergo nel capoluogo lombardo, dove gli inquirenti avrebbero rinvenuto una pistola. Il provvedimento è scattato nell’ambito delle operazioni avviate a gennaio 2024 dalla Procura di Lecco, guidata dal procuratore Domenico Ezio Basso. Contestualmente, sono state condotte perquisizioni nelle abitazioni degli altri indagati: all’interno sono state trovate due pistole attribuite a Mouhib e persino un fucile mitragliatore, apparso anche in alcuni video musicali realizzati insieme a Simba La Rue, altro nome noto della scena trap italiana.

Questo aspetto ha alimentato un forte dibattito: la commistione tra estetica criminale e produzione artistica non è nuova nel mondo della trap, ma la presenza effettiva di armi utilizzate tanto nei video quanto nella realtà solleva interrogativi sulla linea di confine tra spettacolo e reato.

La rete familiare e gli altri arresti

Non solo il trapper. Nell’operazione sono state arrestate anche quattro persone appartenenti alla famiglia Hetem, accusate di detenzione e porto illegale di armi nonché di traffico di cocaina. Altri due membri dello stesso nucleo familiare sono stati sottoposti al divieto di dimora, a conferma della gravità del quadro investigativo.

Le autorità sospettano che questa rete avesse ramificazioni ben oltre la semplice detenzione di armi, con collegamenti ad episodi criminali precedenti. Tra questi, una sparatoria avvenuta a Milano nel 2022, che già allora aveva visto emergere collegamenti con figure vicine all’ambiente musicale urbano.

Il trasferimento a San Vittore

Dopo l’arresto, Baby Gang è stato trasferito al carcere di San Vittore. Il pubblico ministero di turno ha chiesto al giudice per le indagini preliminari la convalida del fermo e la custodia cautelare in carcere. Una misura severa, che riflette non solo la gravità delle accuse ma anche la recidiva del giovane artista, già in passato protagonista di vicende giudiziarie.

Per Mouhib non è infatti la prima volta dietro le sbarre. Negli anni recenti aveva già avuto diversi procedimenti a suo carico, consolidando un’immagine controversa che divide pubblico e critica: da un lato l’artista emergente, capace di catalizzare l’attenzione dei giovanissimi con testi crudi e diretti; dall’altro il ragazzo che fatica a separare la propria carriera musicale da una vita segnata da errori e frequentazioni pericolose.

Il peso mediatico e culturale

L’arresto di Baby Gang apre nuovamente il dibattito sul rapporto tra musica trap e realtà criminale. Un genere nato come espressione di disagio sociale e denuncia delle periferie, ma che talvolta sembra trasformarsi in celebrazione di modelli devianti. Non si tratta soltanto di scenografie nei videoclip, ma di vicende che finiscono nei tribunali e mettono a rischio l’intera credibilità della scena musicale urbana italiana.

Le nuove generazioni, che guardano a figure come Baby Gang e Simba La Rue come icone di ribellione e autenticità, sono inevitabilmente influenzate da queste storie. Ci si interroga, dunque, sul confine tra libertà artistica e responsabilità sociale, un tema che non riguarda solo la musica ma l’intera società.

Uno scenario in evoluzione

L’inchiesta della Procura di Lecco è ancora in corso e non è escluso che emergano ulteriori dettagli nelle prossime settimane. Ciò che appare certo è che il caso Baby Gang rappresenta un punto di svolta: per il giovane artista, che si trova nuovamente a fare i conti con la giustizia, e per l’intero panorama trap italiano, che vede sempre più spesso i suoi protagonisti intrecciarsi con storie di violenza, armi e droga.

Per Zaccaria Mouhib si apre una fase complessa, fatta di udienze e decisioni giudiziarie che potrebbero segnare in maniera definitiva il suo futuro, artistico e personale. Per la scena musicale italiana, invece, questa vicenda rappresenta un campanello d’allarme: la necessità di riflettere su quale direzione voglia prendere e quale messaggio intenda trasmettere alle nuove generazioni.

Related Posts